I Balcani tornano a far paura? Non ai grandi giornali italiani. C’è troppo furore intorno all’ennesima meschina statuetta della politica nostrana – un certo Calenda – per parlare del conflitto sempre più possibile tra Serbia e Kosovo. Al netto di quel poco che si è letto, urge una precisazione: che nessuno si azzardi a cercare analogie col conflitto tra Russia e Ucraina.
Il perché è semplice: anzitutto le dimensioni geopolitiche dei due conflitti, quello reale e quello probabile, e la totale assenza di dipendenza energetica da ambedue gli schieramenti nel caso serbo. Potrà sembrare un’affermazione banale, ma in realtà non bisognerebbe aspettarsi granché da una media potenza priva di pianificazione per l’estrazione di materie prime. La questione italo-croata ne è l’esempio.
Le forze in campo sarebbero nettamente diverse rispetto al conflitto russo-ucraino. La NATO ha già tuonato contro la Serbia con un comunicato nel quale si esplica la volontà dell’alleanza di intervenire in caso di escalation serba. Da un lato si forniscono armi, dall’altro uomini e mezzi. La bipolarità torna ad essere una particolare caratteristica del continente europeo. Non nel significato psicologico del termine, ma nel dualismo tra due forze contrapposte ad oggi più simili che mai.