Languono le idee, non vi è un’effettiva progettualità e fare le liste per accaparrarsi il prossimo vitalizio equivale a sottoporsi ad uno scontro a fuoco tra i sobborghi squallidi di una metropoli. La situazione della sinistra globalista e atlantista è riassumibile in queste poche righe. Proprio a causa di queste gravi lacune, ecco che – puntuale come i funghi dopo la pioggia – torna il cosiddetto “pericolo fascismo“.
Se i sinistri avessero studiato la storia, magari leggendo le opere di De Felice o di Gentile, molto probabilmente non avremmo avuto testimonianza di queste assurdità. Il fascismo, morto nel 1943, gode di peculiarità praticamente assenti nel partito della Meloni – perché di quest’ultimo si scrive – e cercarle con cotanta insistenza potrebbe soltanto condurre verso una disfatta ancor più devastante.
Per poter mettere a tacere i giullari Dem basterebbe davvero poco: l’atlantismo meloniano, ad esempio, rappresenta ciò che di più lontano possa esserci dal pensiero autarchico fascista. Ma non è finita qui. Fratelli d’Italia non è la sola compagine politica tacciata di pericolosi ammiccamenti al passato. Anche i nuovi piccoli partiti, da Italexit ad Ancora Italia, secondo gli analisti sinistri rappresenterebbero un coacervo di neofascisti.
Assurdità su assurdità, le quali tornano imperanti a ridosso delle elezioni (25 settembre) per manipolare ad hoc parte dell’elettorato. Esiste una ricetta per sconfiggerli: lo studio della storia e la consapevolezza che tra due mesi molti vincoli potrebbero allentarsi, ma non spezzarsi. Vedere una calvizie dove v’è una chioma bionda è sintomo di una cecità pari a quella delle talpe. Se poi su questa narrazione spingono anche gli USA, allora c’è da stare sicuri.