Sarò categorico. I romani, ma più in generale gli italiani, hanno dimenticato una delle celebrazioni più importanti della storia: il Natale di Roma. Il 21 aprile, data fissata da Varrone grazie ai calcoli astrologici di Lucio Taruzio, mi trovavo ai Fori con un carico di malinconia sulle spalle che mi stava quasi asfissiando. Centinaia di migliaia di turisti marciavano lungo il centro del mondo senza che nessuno ricordasse loro il genetliaco dell’Urbe.
Per potermi togliere il groppone, quasi come se avessi ingurgitato un’intera tavolata di pietanze, ho deciso di ripercorrere le principali mete di Roma dalla fondazione in poi. Lungo i 25 chilometri percorsi (per gli amanti del pedometro all’incirca 32.000 passi) sono riuscito a scorgere sì e no una rievocazione storica all’interno del Circo Massimo tenuta da uomini e donne che tengono ben salde nel loro cuore le tradizioni che ci hanno originato.
Per il resto? Assolutamente niente. Gli autobus romani proseguivano le loro folli corse come se nulla fosse. I Fori non hanno ospitato alcuna manifestazione, magari una parata. Vi era soltanto qualche gratuità sparsa qui e lì. Come se il Natale di Roma fosse soltanto un impiccio per pochi appassionati tra i quali il sottoscritto. Un paese che dimentica il suo compleanno è destinato alla barbarie.
Non che sia tanto lontano da esse, ma forse c’è ancora un baluardo: l’Eur, nonostante il traffico sulla Cristoforo Colombo, riecheggiava trionfante. L’alba del nuovo impero che non fu.